Alberto DITRACI
Antonio CARBE'
Chiara GATTI
Dino VILLANI
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Franco BINELLO
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Gianni PRE
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Giorgio SEVESO
Gioxe DE MICHELI
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Mario DE MICHELI
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Paolo RIZZI
Pier Luigi VERRUA
Roberta AVALONE
Roberto MAIOGLIO
Tiziana CANITERO
Vera MENEGUZZO
Veronica MOLINARI

Gioxe DE MICHELI

Carola Mazot
08-03-2019

Se l’Italia non fosse un paese provinciale e culturalmente arretrato,

se quel po’ di mercato rimasto non si limitasse a gabellare per arte il ciarpame che compiace la vanagloria di pochi borghesi, se il riconoscimento del talento, finito lo schiamazzo delle mode,  non fosse destinato a essere rimandato nel tempo - ma allora noi saremo morti - allora Carola Mazot occuperebbe il suo giusto spazio nella nostra recente storia dell’arte. E lo occuperebbe a pieno titolo perché, a ben guardare, il suo percorso creativo nella vicenda artistica milanese del dopoguerra, lo ha vissuto con una determinazione caparbia e autonoma. Sì, perché Carola, dopo aver preso quello che le serviva dai suoi maestri, ha sempre e solo fatto quello che le piaceva, quello che parlava al suo cuore.

Dritta per la sua strada, senza  compiacere nessuno, né il mercato, né le simpatie estetiche di questo o quel critico, né le pulsioni, magari anche nobili, delle temperie sociali, culturali e politiche. Ma questo non perché Carola fosse avulsa dal suo presente, al contrario, semplicemente perché il suo mondo, la sua libera ispirazione lirica, le imponeva di parlare, sì, dei suoi simili, ma di farlo con lo sguardo acuto ma trasognato di una autentica vocazione poetica.

E, attenzione, le immagini di Carola apparentemente “facili,” sono in realtà difficili. Difficili nel senso che per essere capite, voglio dire, veramente capite, hanno bisogno di occhi che sappiano cogliere la trama sottile della complessità esistenziale e che  frequentino i segreti del sapere acquisito ma poi dimenticato. Non è da tutti!

Ecco perché il ritrattoni di Mao tze Tung di certa pittura degli anni ’70 sono tristemente muti e appassiti e quelli  tenerissimi della piccola violinista continuano a rifiorire  e a parlarci. E non è colpa del presidente Mao.

8  marzo 2019