Alberto DITRACI
Antonio CARBE'
Chiara GATTI
Dino VILLANI
Enzo DE MARTINO
Franco BINELLO
Franco FOSSA
Franco LOI
Gabriella NIERO
Gianni DAZZIO
Gianni PRE
Giorgio PILLA
Giorgio SEVESO
Gioxe DE MICHELI
Giulio GASPAROTTI
Giuseppe POSSA
Giuseppe PROSIO
Liana BORTOLON
Mafalda CORTINA
Maria Clara BOSELLO
Mario BORGESE
Mario DE MICHELI
Natale ZACCURI
Orfango CAMPIGLI
Paolo RIZZI
Pier Luigi VERRUA
Roberta AVALONE
Roberto MAIOGLIO
Tiziana CANITERO
Vera MENEGUZZO
Veronica MOLINARI

Liana BORTOLON

Presentazione
01-1981
Sono lieta di presentare Carola Mazot, perché la conosco e la stimo.

Mi dà l'impressione di costruire le sue immagini come un artigiano, a colpi di sgorbia, e più ancora come un musicista ispirato, che si affidi alle vibrazioni lunghe dei violini. Così zoomate, così riassuntive e commosse, le sue tele sembrano realizzare l'unione armoniosa di tutte le arti. Vivere nell'arte è anche la sua condizione esistenziale.
Spunti interessanti sulla sua personalità emergono dalle pagine del diario di Carola Mazot. "Certe volte", scrive, "avviene di pensare che cosa sarebbe stato di noi senza alcune combinazioni avvenute nella vita. Per esempio, davanti alla tela, questo incontro misterioso che non si sa come arrivi, senza qui non so immaginare l'esistenza; ha un origine tanto lontana…". Nella sua biografia di artista non c’è nulla di casuale. Oggi si parla molto di archetipi. Archetipi possono essere il nonno materno, quel pittore veneziano di grande talento, Vettore Zanetti Zilla, che si è occupato della sua prima educazione; la nonna materna, che era figlia di un famoso pittore sloveno (Matschegs); la madre, anche lei attirata dal dipingere, e tutti quei pittori e musicisti che hanno formato l’atmosfera della sua famiglia.
Carola Mazot è nata a Valdagno, a tre anni è venuta a Milano, poi si è trasferita a Venezia per volontà della madre, che voleva tornare nella sua città. Quando scompare il nonno, Carola perde un importante punto di riferimento personale, ma ormai è incamminata verso la pittura; ed è in quel periodo, a sedici anni, che entra come allieva nello studio di Frisia, La giovane artista valuta lucidamente i suoi maestri. “In principio fu interessante. Frisia mi tolse la preparazione a matita, facendomi disegnare dipingendo. La sua fu una preparazione soprattutto di tecnica e di abilità; mi faceva copiare dal vero soggetti che preparava per sé, nature morte, ritratti di signore. Ricordo ancora con odio un cartoccio di castagne arrostite rovesciate sul tavolo di cui non mi importava proprio nulla ...”. Ha maggiore fortuna quando incontra lo scultore Lorenzo Pepe, che la riporta allo studio del disegno per farla entrare all'accademia di Brera. "Pepe mi insegnò a lavorare senza mai perdere d'occhio l'insieme. Abbozzando, dovevo disegnare subito la gran massa geometrica in cui era compresa la figura, e anche entrando nei particolari non distogliere mai l'occhio dal tutto. Scopersi così l'armonia e il legame dei vari punti tra loro della realtà che copiavo, e da cui veniva fuori un mistero, un fascino che mi accompagnò sempre…".
La figura era ed è il centro di ogni suo interesse; in un primo tempo indovinata, studiata, amata sul modello, poi ritrovata mediante la memoria anche in un gesto, nella linea di un volto, nella grazia di una mano. Ognuno di questi dettagli può diventare il punto focale della sua composizione e di volta in volta emergere e subordinare ogni altro elemento. Le sue nostalgie vanno alla tavolozza dei veneti ma anche ai post-impressionisti e alla pittura espressionista, da Kokoshka a Sironi. Nello stesso tempo la sua originalità, la sua autonomia si manifestano in quella particolare forza, sicurezza e musicalità di accordi che conquistano chi osserva.
"C'è un mistero, qualcosa di indefinibile che arriva dipingendo", confida ancora. "Da dove viene? So che lavorando, dopo la prima impostazione degli spazi e della dinamica del quadro, devo seguire l'impulso e i miei quadri si finiscono quando vogliono... Del resto tutta la nostra esistenza è un intreccio di combinazioni, con una forza che ci accompagna da dove veniamo a dove arriveremo".